giovedì 26 gennaio 2012

Forconi e Ponte sullo Stretto

Forconi e Ponte sullo Stretto

Il movimento dei Forconi si è dichiarato insoddisfatto dell'esito dell'incontro Lombardo -Monti i quali , peraltro, prendono per il culo la Sicilia quando rilanciano il Ponte sullo Stretto che, dicono, non è mai stato definanziato!
Mariano Ferro ha dichiarato c he adotteranno modalità di lotta che non recheranno danno all'economia siciliana. Encomiabile proposito se il governo fosse fatto di persone responsabili disponibile a fare quanto può per lo stato quasi fallimentare di un milione di agricoltori siciliani più i pescatori gli artigiani e tutto il resto. Ebbene l'unico linguaggio che questo governo capisce è quello più estremo. Gli scioperi educati non gli fanno neppure il solletico. Vedi come fanno marcire le vicende dell'Isola dei Cassi Integrati o degli Stiliti dei treni notturni aboliti dal signor Moretti per favorire Montezemolo e le ferrovie per ricconi.Intanto gli Oligarchi dell'ARS scimmiottando il Parlamento Nazionale hanno votato una mozione bipartisan di appoggio a Lombardo .
I forconi sono soli. Se sbaglieranno o si confonderano o non porteranno niente a casa nessuno può onestamente rimproverarli. La politica guarda da un'altra parte mentre la Sicilia sprofonda nella disperazione.

Chi sono i forconi

?









sono i Forconi?
Ho visto le riprese televisive dei telegiornali siciliani delle manifestazioni dei cosidetti"forconi" che il Presidente della Confindustria ha tacciato di infiltrazioni mafiose e che anche diversi soloni della cultura una volta era di sinistra hanno definito "jacquerie" prendendone le distanze e condannando. In generale sono persone anche di una certa età, lavoratori sui cinquanta anni segnati dalla fatica del lavoro manuale, contadini, pescatori, artigiani autotrasportatori. Tra di loro pochi lavoratori giovani perchè da anni si è bloccato l'afflusso di nuove forze specialmente nelle campagne. C'erano tanti, tantissimi studenti che vedono degradare di giorno in giorno il tenore di vita delle famiglie in cui vivono e che stentano a mantenerli. Coloro i quali hanno criminalizzato il movimento si dovrebbero vergognare! Le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei produttori che hanno emesso scomuniche ed hanno parlato di mafia o di violenza hanno mostrato tutta la distanza che li separa dalla realtà siciliana e l'isolamento morale in cui sono stati gettati da decenni di consociativismo con la Regione ed ora di sostegno subalterno del governo Monti.
Ieri il movimento ha prodotto i primi frutti. E' stata annunziato il ripristino del treno Palermo-Milano che era stato soppresso dalle ferrovie privatizzate da Moretti spezzando l'Italia in due ed isolando il Sud; i pedaggi autostradali che fanno arricchire la famiglia Benetton sono stati mitigati agli autotrasportatori per circa 200 milioni di euro ma i soldi vengono prelevati ad altri utenti della autostrada! Una cosa sconcertante! Ma è mia impressione che questo governo non sia in grado, non abbia la cultura per affrontare le questioni strutturali e profonde che hanno generato il movimento. Un movimento che non sparirà perchè la rovina incombe su diecine di migliaia di aziende agricole e sull'artigianato. .
Proprio oggi scatta l'addizionale delle aliquote regionali e si subisce la prepotenza mafiosa della loro retroattività di un anno, una cosa del tutto anticostituzionale ma dalla quale non potremo difenderci perchè il prelievo sarà fatto sugli stipendi e sulle pensioni. I soldi di queste addizionali andranno a foraggiare regioni che mantengono inutili e costosissime burocrazie ed una oligarchia politica di viziati "deputati" che hanno il trattamento di senatori. La regione siciliana costa miliardi di euro e non sappiamo a quanto ammontano i suoi debiti. Serve soltanto a mantenere se stessa. Questo destava scandalo ma veniva sopportato in tempi di relativa "normalità" economica e sociale. Ora non è più tollerato!
Pietro Ancona

venerdì 20 gennaio 2012

pietro nenni e mario monti

Diceva Pietro Nenni criticando i governi del quadripartito: Forte con i deboli e debole con i forti!! Il pavido Monti che fa la faccia feroce ai ferrovieri ed ai taxisti, dopo aver ricevuto Letta emissario di Berlusconi, ha cancellato la questione dell'assegnazione delle frequenze televisive che potrebbero fruttare allo Stato 5 miliardi di euro. Fa anche finta di "liberalizzare" notai e farmacisti ma in definitiva si accanisce soltanto con gli edicolanti e fa volare gli stracci. E' perfettamente inquadrato in una tradizione di viltà e disonore che le classi dirigenti italiane incarnano da sempre!

martedì 17 gennaio 2012

Gli anglosassoni all'attacco dell'Euro e dell'Europa

AldoGiannuli.italdo@aldogiannuli.itPuntuale arriva il downgrade dell’Europa
Qualche tempo fa, si sviluppò (anche su questo sito) un dibattito sulle ragioni della crisi che aveva investito l’Europa e sulla possibilità che essa fosse frutto di una qualche manovra coperta. Ora dobbiamo fare i conti con questa mossa di S&P che declassa nove paesi dell’Eurozona (Austria, Italia, Spagna, Francia, Spagna, Slovenia, Slovacchia, Cipro, Malta, Portogallo) su diciassette -mentre la Grecia è già al penultimo gradino della scala- e proprio mentre il mercato finanziario europeo accennava a riprendersi. Facciamo innanzitutto una premessa: togliamo di mezzo la solita polemica cretina sui “complotti”, fra chi dice che c’è un complotto e chi dice di non credere ai complotti. E’ un piano avvilente di discorso che rifiutiamo: complotto è una categoria interpretativa da bar dello sport, tanto se chi la usa vuol spiegare qualcosa, quanto se vuol negare che la spiegazione sia quella. Il problema, impostato correttamente, si pone in questi termini: tanto nella vita individuale, quanto in quella politica o finanziaria, ci sono azioni evidenti (cioè, delle quali si conosce subito l’autore, la natura, gli scopi ecc.) quanto azioni in tutto o in parte coperte, ciascuna delle quali assume un nome in riferimento alla sua natura. Se il signor Rossi incontra clandestinamente la signorina Bianchi e non lo dice alla moglie, non sta “facendo un complotto”, ma un “adulterio” che, di solito, non si racconta alla moglie. Se un determinato soggetto finanziario sta rastrellando sottobanco le azioni di una determinata società, non si tratta di un complotto ma di una “scalata ostile”. Nel nostro caso, dobbiamo capire di cosa stiamo parlando ed, in particolare, se siamo in presenza di una “guerra finanziaria” e, nel caso positivo, che caratteristiche ed attori abbia.
Abbiamo tre possibilità:

a- la crisi è frutto della disaffezione dei “mercati”, intendendo per essi una indistinta massa molto numerosa di investitori che, (indipendentemente l’uno dall’altro) si stanno ritirando dai bond europei o per timore di subire perdite o sperando di fare più lauti guadagni speculando sulla loro crisi. In questo caso parleremo di una generica “ondata speculativa” o di “fuga dal rischio”

b- la crisi è il prodotto dell’azione di pochi soggetti dotati di forte massa critica (i maggiori fra hedge fundd e banche d’affari, agenzie di rating ecc.) che, in accordo fra loro, stanno operando per colpire i paesi dell’Eurozona e conseguire non solo forti guadagni, ma anche una sostanziale modifica degli equilibri di forza nel mondo finanziario. In questo caso parleremmo di una grande “operazione speculativa” e non di una ondata, proprio perchè si tratterebbe dell’opera di pochi soggetti in accordo fra loro e non della confluenza spontanea di moltissimi

c- la crisi è il prodotto dell’azione convergente (se non proprio concordata) fra grandi soggetti finanziari e qualche grande potenza statuale per ottenere effetti sia finanziari -come quelli appena descritti- che politici (fine dell’Euro e, di conseguenza, della Ue). In questo caso parleremmo di “guerra finanziaria” in senso proprio, in quanto orientata ad ottenere effetti strategici attraverso l’azione sul debito.

La prima spiegazione viene normalmente argomentata riproponendo le teorie sulla efficienza dei mercati (che non sarebbero manipolabili a piacimento, in quanto ogni azione causerebbe una reazione di segno contrario, che riporterebbe la situazione in equilibrio), pertanto, la cura da adottare sarebbe quella di recuperare la fiducia degli investitori, offrendo loro maggiore convenienza a tornare sui propri titoli. Ovviamente, questa tesi non è dimostrabile, se non stabilendo con certezza che il ritiro dall’investimento europeo è fatto da milioni di piccoli investitori non organizzati e non organizzabili, il che è praticamente impossibile da fare, per cui resta solo da interpretare i segnali indiretti che vengono dal mercato. Un simile movimento finanziario difficilmente potrebbe procedere con una tempistica regolare e tempestiva: le ondate spontanee sul mercato di solito procedono in modo discontinuo e sfasato rispetto ad un disegno strategico, anzi, di solito segnalano sempre qualche ritardo su quello che “sarebbe opportuno fare” –dovuto ai tempi richiesti dalla percezione- oppure hanno un andamento in crescendo esponenziale, come è tipico delle ondate di panico.

Non sembra che sia questo l’andamento della crisi. Certamente non è affatto escluso che al movimento di “ritiro dal rischio” partecipino anche moltissimi piccoli investitori, ma è da comprendere quanto questo sia determinato dall’”istinto gregario” che qualcuno sta sfruttando.

La seconda spiegazione si basa sull’osservazione empirica di diversi comportamenti di alcuni grandi soggetti di Wall Street (ad esempio, la lettera “riservata” di Goldman Sachs ai suoi clienti che sconsigliava l’investimento in titoli europei, finita “per errore” sui giornali) cui si accompagna l’analisi del comportamento delle agenzie di rating, straordinariamente tempestivo nel soffocare ogni accenno di ripresa delle borse europee con miratissimi downgrade annunciati –ancor prima che essere decisi- in modo da aumentarne l’impatto sul mercato: un vero plotone di esecuzione.

Ed il sospetto (si badi: “sospetto”, non “certezza”) si rafforza se usiamo come cartina di tornasole il caso inglese: l’Uk ha un debito aggregato al 245% del Pil ed è al terzo posto in Europa, dopo Grecia e Portogallo, precedendo la Spagna e di molte lunghezze la Francia; ha un debito pubblico all’80% del Pil (maggiore di quello di paesi declassati come l’Austria o la Spagna), ha una bilancia commerciale che non sta messa meglio di quasi tutti i paesi dell’Eurozona, un Pil che per il 45% è fatto dalle banche (che non hanno una situazione più brillante di quelle di molti paesi dell’Eurozona), un sistema industriale a pezzi ed un governo abbastanza fragile. Eppure le agenzie di rating non hanno dubbi ad assegnare la tripla A al paese della Sterlina. D’altra parte, sappiamo che la City è in provincia di Wall Street…

Per essere certi che si tratti di una manovra concertata fra i grandi della finanza americana, dovremmo avere dati non disponibili: quanti titoli europei sono stati venduti da queste banche e quanti di essi allo scoperto? Quante volte esse hanno dovuto fare ricorso allo short selling per i titoli europei in generale ed italiani in particolare? Ma, questi dati sono in possesso di quelle stesse banche che non ce li faranno mai vedere. Tuttavia, se la “pistola fumante” non c’è (ed in questi casi è assurdo aspettarsi di trovarla) di indizi ce ne sono in abbondanza. Dunque, abbiamo buona probabilità di avvicinarci alla verità seguendo questa pista. E se si trattasse di una “operazione speculativa” la cura da seguire sarebbe quella dell’acquisto di titoli di debito dei paesi Eurozona da parte della Bce, emettendo tutta la liquidità necessaria -sempre che i tedeschi se ne convincano- così da rovesciare l’operazione addosso ai suoi promotori. Ad esempio, questo potrebbe scoraggiare massicce vendite allo scoperto che puntino al ribasso.

Più scivoloso si fa il terreno della terza ipotesi, cioè se insieme ad obiettivi e soggetti di natura finanziaria ce ne siano anche di natura politica. Per parlare fuori dei denti, se l’amministrazione Usa sia della partita. Qui le prove ancora più difficili da conseguire (pare che non ci facciano assistere, neanche se lo chiediamo, alle riunioni del National Security Council).
Non resta che partire da alcuni dati e ragionarci su. In primo luogo, non è un mistero che gli Usa hanno sempre guardato con molto diffidenza all’Euro ed al suo tentativo di scalzare il dollaro o, almeno, affiancarlo. Il che, peraltro, è perfettamente legittimo, considerando il loro punto di vista.

E non è neppure un mistero che gli Usa abbiano sempre guardato con molta sufficienza alla Ue e, talvolta, con vivissima irritazione a quelli che, ai loro occhi, erano “colpi di testa” di francesi e tedeschi che si desolidarizzavano dalle imprese americane in Medio Oriente.

In terzo luogo, è difficile pensare che al default di alcuni paesi europei (e dell’Italia in particolare) non faccia seguito il collasso dell’Euro e che, a questo, non succeda la dissoluzione della Ue: una catena di nessi causali altamente probabile.

Possiamo già porci una prima domanda: è possibile che il governo degli Usa non abbia previsto o preso in considerazione una simile eventualità? Non è possibile. Di conseguenza, appare chiaro che questo accade quantomeno con la sua acquiescienza. Diversamente, Washington potrebbe azionare misure di contrasto (acquisto di titoli Eurozona a sostegno, moral suasion verso le banche del proprio paese che hanno appena fatto rifornimento di liquidità a buon mercato dalla Fed, pressione sulle agenzie di rating, come è accaduto per il declassamento dei titoli Usa ecc.). Dunque, difficile immaginare una estraneità della Casa Bianca all’operazione di cui si sospetta Wall Street, quantomeno in termini di “volontà permissiva”.

Ma con quali obiettivi? Un primo scopo immediato può essere rintracciato proprio nella situazione finanziaria degli Usa: a settembre la situazione appariva molto compromessa, con il fresco declassamento operato da S&P e dopo la sofferta vicenda dell’innalzamento del tetto di debito; poi si è profilata una ripresa ancora embrionale con una limitata crescita occupazionale dopo diversi anni; ora si prospetta un anno molto difficile in cui occorrerà rifinanziare a livello mondiale titoli per 11.000 miliardi di dollari e si sa che, probabilmente, una parte resterà non soddisfatta. In questo contesto, presentare i titoli americani come molto più sicuri di quelli Eurozona (anche se meno remunerativi di essi), non è cosa ininfluente ai fini del chi resterà col cerino in mano. E questo, per un Presidente sotto elezioni, è manna dal cielo.

Ma c’è un’altro possibile disegno: una disgregazione dell’Eurozona –e della Ue- sarebbe anche una riduzione di complessità dell’ordine mondiale, in un momento in cui si stenta a definirne uno nuovo e durevole.

E’ un discorso che occorrerà riprendere. Ma se la spiegazione della crisi fosse questa la cura dovrebbe essere un’altra: raccogliere il guanto e rispondere sullo stesso piano. Ad esempio: le banche centrali Eurozona (come molte delle maggiori banche private) possiedono ingenti quantità di Bond Usa, che potrebbero vendere sul mercato (o non rinnovare quelli in scadenza) per finanziare il ritiro dal mercato dei titoli pubblici Eurozona.

Ma nessuno sembra prendere minimamente in considerazione una idea che implicherebbe molto coraggio politico. Molto più di quello che hanno statisti e banchieri d’Europa. E poi, chi dovrebbe coordinare questa azione: l’ex advisors della Goldman Sachs Mario Draghi?

Aldo GIANNULI

domenica 15 gennaio 2012

L'Italia occupata

L’Italia è sotto “occupazione straniera”? Incontro con Gianandrea Gaiani12 gennaio, 2012 Redazione Armi e strategie // Europa Nessun commento
Gianandrea Gaiani [nella foto], analista militare, è direttore del mensile telematico “Analisi Difesa” e collaboratore di varie testate: ha una sua rubrica su “Panorama” e scrive per “Il Sole 24 Ore”, “Il Foglio” e “Libero”. Recentemente il dottor Gaiani ha espresso posizioni molto dure sul nuovo governo italiano, sia in un editoriale di “Analisi Difesa” sia in una lettera a “Il Foglio”. Definito come un “governo di occupazione”, imposto all’Italia da potenze esterne, il gabinetto Monti, a giudizio del dott. Gaiani, si distinguerebbe per sudditanza e non starebbe facendo davvero gl’interessi dell’Italia, ma anzi danneggiandoli. Il con-direttore Daniele Scalea ha incontrato il dott. Gaiani per discutere con lui della sua forte presa di posizione.


DS: Dottor Gaiani, pare di capire che, a suo giudizio, i paesi che avrebbero imposto questo “governo d’occupazione” all’Italia sarebbero Francia, Germania e USA. È corretto?

GG: Per essere precisi, ritengono che siano state Parigi e Berlino a prendere la decisione. Washington si è limitata ad intervenire per salvaguardare i propri interessi: Obama, in un colloquio telefonico col presidente Napolitano, gli avrebbe suggerito i nomi cui affidare i dicasteri della Difesa e degli Esteri (evidentemente più cari agli USA), ossia rispettivamente quello del presidente del Comitato militare della NATO ammiraglio Di Paola e dell’ambasciatore a Washington Terzi di Sant’Agata.
In sostanza, comunque, è avvenuto ciò che è avvenuto in Grecia: è stato imposto un “governo fantoccio”, che rende conto a potentati esterni anziché al popolo.

Nei suoi interventi ha attirato l’attenzione su una questione inspiegabilmente passata sotto silenzio dai media: la richiesta dell’UE di abrogare le cosiddette “golden shares”. Ossia le quote e ben precisi poteri decisionali che lo Stato italiano mantiene nelle aziende strategiche privatizzate.

È paradossale che l’UE, in una situazione descritta come di piena emergenza, non trovi di meglio da fare che occuparsi delle golden shares italiane. Tanto più che Francesi e Tedeschi hanno meccanismi simili per proteggere le loro aziende strategiche. A breve scade l’ultimatum lanciato dall’UE all’Italia: senza una legge che sostituisca le golden shares e fornisca una protezione da scalate esterne, il settore strategico italiano (Telecom, Finmeccanica, ENI, Enel, ma anche le banche) sarà acquisito dagli stranieri per due soldi, complici le cadute nelle contrattazioni borsistiche. Facciamo qualche esempio. Le banche italiane hanno oggi una capitalizzazione che supera di poco i 30 miliardi di euro, ma gestiscono una quantità di denaro che è cinque volte superiore. Eppure, acquistarle tutte assieme costerebbe meno che acquistare la sola BNP Paribas. Finmeccanica ha una capitalizzazione di 2 miliardi, ma possiede beni immobili che da soli valgono 4 miliardi. Francesi, Tedeschi, ma non solo, si preparano a comperare i pezzi pregiati della nostra industria, e lo faranno anche per eliminare dei rivali. In fondo, la guerra in Libia non è servita a togliere interessi strategici all’Italia, e rimpiazzarla nel paese nordafricano? Vi sono due modi per togliere di mezzo un rivale: soffiargli i contratti, come in Libia, oppure comprarlo, farlo passare sotto il proprio controllo, come rischia di succedere alle aziende italiane.
Il negoziato per alleggerire i termini del rientro sul debito, chiesto dall’Italia all’UE, ci metterà di fronte ad un ricatto: svendere in cambio le nostre industrie pregiate. I due pesi e le due misure sono palesi: alla Germania è stato chiesto di eliminare dei provvedimenti che tutelano il suo settore automobilistico; non lo fa, eppure non riceve alcun ultimatum. Ben diverso è il trattamento riservato all’Italia, alla Grecia o all’Ungheria. Quest’ultima è stata costretta a rinunciare a leggi decise dai suoi rappresentanti eletti in cambio d’aiuti finanziari europei.

Poche settimane prima della caduta del governo Berlusconi, si era parlato di un interessamento della Cina ad acquisire partecipazioni nell’industria strategica. Non è possibile che queste manovre siano state motivate anche dalla decisione di non permettere a Pechino di realizzare queste acquisizioni?

Non credo, perché l’interesse cinese tende più verso i titoli di debito pubblico. È più semplice penetrare lì, che nel settore strategico.

Alcuni critici hanno tacciato il gabinetto Monti d’essere un “governo dei banchieri”. Tuttavia, si è visto come le banche italiane siano state discriminate dall’UE, che ha richiesto una ricapitalizzazione in ragione dei titoli del Tesoro italiano posseduto da queste banche, risparmiando invece gl’istituti finanziari francesi e tedeschi pieni di “titoli tossici”. Insomma: se anche le banche sono “vittime”, chi sono i “complici” interni di questa “occupazione”? E se non ve ne sono, come ha potuto essere imposto all’Italia un “governo d’occupazione”, come lo definisce lei?

Si è imposto grazie alla debolezza della politica. Ed a metodi di pressione dall’esterno che non necessariamente richiedono complicità interne. Berlusconi ha accelerato i tempi delle sue dimissioni dopo che un pesante attacco speculativo fece crollare il titolo Mediaset in borsa… E comunque, un governo delle banche non deve esserlo necessariamente di quelle italiane (che pure sono state favorite da numerosi provvedimenti). La stessa ricapitalizzazione chiesta dall’UE può aiutare gli stranieri ad entrare nelle banche italiane. Che sono particolarmente ghiotte perché contengono l’ingente risparmio delle famiglie italiane.

Ma insomma, esistono settori “nazionali”, animati da senso dello Stato e – perché no? – sano patriottismo, che potrebbero reagire a tutto ciò?

L’unico modo per reagire è far mancare il sostegno al Governo in Parlamento. Ma la politica non è in grado, perché non può fornire un’alternativa e comunque è lieta che ad aumentare le tasse sia un governo tecnico. Un “governo d’occupazione”, dico io, perché favorisce i competitori dell’Italia. Sono davvero “straordinarie”, come le ha definite la Merkel, le misure del gabinetto Monti: infatti ci garantiranno recessione ed inflazione allo stesso tempo. Togliere di mezzo una delle maggiori potenze economiche mondiali è nell’interesse di parecchi paesi.

E dato che lei è prima di tutto un analista militare, veniamo ad una scottante questione che è salita all’onore delle cronache, proprio in rapporto alla politica d’austerità, negli ultimi giorni. Mi riferisco alla polemica relativa all’oneroso acquisto dei caccia multiruolo statunitensi “Joint Strike Fighter” F-35 da parte dell’Italia. Al di là degli argomenti antimilitaristi, da un punto di vista realista, quest’acquisizione conviene o non conviene?

Il programma JSF avrebbe dovuto costare all’Italia, nei piani originari, 2 miliardi per lo sviluppo e 15 miliardi per l’acquisto di 131 aerei. Si tratta d’una cifra che è già oggetto di riesame: probabilmente ne compreremo solo un centinaio. In ogni caso, lo sviluppo dell’aereo è arrivato in ritardo rispetto alla tabella di marcia, ed il conseguente aumento dei costi è difficile da quantificare. In Italia ufficialmente si prevede d’acquistare ciascun velivolo al costo unitario di 78 milioni di dollari. I canadesi, però, calcolano che ogni JSF costerà loro 146 milioni.
Diciamo subito che gli aerei, dopo trent’anni, è normale vadano cambiati. Si può ovviamente decidere di cambiarli con meno mezzi, ed è già il nostro caso: i 131 F-35 daranno il cambio a 220-250 velivoli più vecchi. Ma all’Italia servono questi F-35? Servono se vogliamo continuare a bombardare in giro per il mondo a fianco dei nostri alleati. Quest’aereo sarà acquistato da altri paesi della NATO, e possederlo renderà le nostre forze integrabili con quelle alleate.
In ogni caso, l’aereo è statunitense: noi abbiamo un ruolo di sub-fornitori, e dunque deboli ricadute industriali. Acquistando l’F-35, rinunciamo alla capacità di produrre da soli i nostri aerei, come con l’Eurofighter, o come fanno i Francesi con il Rafale. Rinunciamo a sviluppare la versione d’attacco al suolo dell’Eurofighter, su cui invece investiranno i Tedeschi. Ciò ci condanna a lavorare su prodotti nordamericani per molti anni a venire.
I Francesi non riescono ad esportare il loro Rafale: esaurite le commesse interne, chiuderanno la catena di montaggio. Fra dieci anni in Occidente ci sarà una sola catena di montaggio: quella degli USA. Non è una scelta d’oggi: è stata presa nel 1996 e confermata nel 2002.
Se vogliamo continuare a fare la guerra (anche contro i nostri interessi, come talvolta accade) ci servono questi aerei. Andrebbero bene anche gli Eurofighter, in realtà, a maggior ragione visto che i nostri avversari sono guerriglieri o eserciti scalcinati. La sofisticazione è però utile all’industria, perché permette d’acquisire tecnologia assieme agli aerei.
Ma v’è infine un aspetto fondamentale di cui non si parla mai: gli F-35 costano molto, ma costa ancora più caro tenerli in linea. Il bilancio della Difesa sarà sempre più ridotto dai tagli finanziari: già oggi conta poco più dei soldi necessari a pagare gli stipendi. Dovremmo allora blindare i bilanci della Difesa per i prossimi 15-20 anni, o corriamo il rischio di ritrovarci con tanti moderni F-35, ma senza i soldi per fargli il pieno. Già succede in parte: la voce dell’esercizio è quella più colpita dai tagli. Se non garantiamo risorse alla Difesa, ha poco senso acquistare questi aerei. L’aeronautica italiana punta a mantenere una forza su due diversi velivoli, l’Eurofighter Typhoon per la difesa e l’F-35 per l’attacco. Anche la Gran Bretagna lo fa, ma ha molti più soldi di noi come del resto Francia e Germania che avranno invece un solo velivolo multiruolo.

Nei suoi interventi ha ricordato che l’Italia ha una “sovranità limitata” da molti decenni: potremmo dire dal 1943. La domanda che mi pongo è: l’Italia può essere sovrana dentro la NATO? Ovvero bisogna trovare una nuova configurazione strategica, quale può essere una ristrutturazione dell’Alleanza Atlantica, o un trattato di sicurezza collettiva pan-europeo, quale quello promosso dai Russi negli ultimi anni?

Durante la Guerra Fredda, anche se la nostra sovranità era limitata, gl’interessi dell’Italia (e dell’Europa) e degli USA convergevano. Oggi la situazione è mutata, come dimostra il caso libico. Gli USA negli ultimi mesi hanno sacrificato molti regimi arabi loro alleati per rimpiazzarli con nuovi regimi a loro volta non molto democratici. Persino l’Arabia Saudita si preoccupa, tanto da intervenire in Bahrayn prima che lo facessero gli USA. Siamo sicuri che il Mediterraneo dominato dall’islamismo sia nell’interesse europeo? Io credo di no. Invece può esserlo in quello degli USA, che sono più lontani, al di là dell’oceano.
Bisogna rivalutare il ruolo italiano ed europeo rispetto ai nostri interessi. Gli USA hanno giocato un ruolo tutto sommato stabilizzatore fino a Bush, mentre ora ricoprono un ruolo palesemente destabilizzatore. L’Italia stessa è stata destabilizzata con la guerra di Libia. Berlusconi partecipò controvoglia all’intervento, inizialmente decidendo che i velivoli italiani non avrebbero lanciato bombe. Il venerdì di Pasqua Kerry, presidente della Commissione esteri del Senato statunitense, giunse in Italia per conferire privatamente con Berlusconi. La domenica successiva Obama telefonò a Berlusconi. Il giorno dopo, anche l’Italia diede il via ai bombardamenti. Questo significa avere sovranità limitata. Sovranità che oggi è proprio azzerata.
Bisogna riflettere sulle alleanze. La Francia e la Gran Bretagna, in Libia, hanno fatto i loro interessi. Parigi ha scelto di tenere la propria flotta fuori dal controllo della NATO, perché alla testa di quest’ultima c’era un ammiraglio italiano. Il mondo è cambiato, bisogna riconoscerlo e guardare al nostro interesse nazionale. Oggi ci sono paesi pronti a tutto per un contratto petrolifero. Quando Sarkozy decise d’attaccare la Libia, gli aerei francesi sorvolarono l’Italia senza nemmeno chiederci il permesso. Questi sono competitori, non alleati.

Lei è un “euro-scettico”, vero?

L’Europa non c’è mai stata. Sono vent’anni che seguo guerre sul campo, e l’Europa non l’ho mai vista, se non nelle chiacchiere e nei regolamenti astrusi. Persino nei Balcani l’Europa si è dimostrata incapace, ed ha dovuto far intervenire la NATO. Non c’è un sentimento europeo. E l’Europa non è democratica: nessuno l’ha votata. Gli unici due referendum costituzionali li ha persi, per poi scavalcarli tramite il voto dei parlamenti. La verità è che oggi qualcuno sta riuscendo là dove non era riuscito Napoleone coi granatieri e Hitler coi panzer. Germania e Francia, con lo spread, stanno creando un impero.

Berlino e Parigi riusciranno a mantenere congiuntamente questo “impero”? O alla fine si scontreranno per il potere?

Oggi vi sono due assi in Europa. Il primo è quello franco-britannico sulla Difesa: lanciano progetti che poi si rifiutano di condividere col resto dell’UE. Il secondo è il direttorio economico franco-tedesco. Ma mentre gli USA prima realizzarono l’unione degli Stati tramite la guerra d’indipendenza e poi costruirono le istituzioni federali, noi europei prima abbiamo creato le istituzioni e la moneta unica, e poi stiamo pensando a costituire l’unione politica.

Certo però che bisogna porsi il problema dell’alternativa all’Unione Europea. In questo mondo che viaggia verso il multipolarismo, in cui la tendenza evidente è all’integrazione regionale, come potrebbe l’Italia, da sola, sperare di conservare la sua sovranità, dovendo competere con grandi potenze semi-continentali o con possenti costruzioni integrate?

Io voglio mantenere l’UE, perché ha alcune cose positive, come il libero scambio interno. Ma la Turchia, fuori dall’UE, sta costruendo un suo “impero”, grazie ad una classe politica che ha il coraggio di muoversi su scala regionale in maniera vincente.

Ma lei, da esperto militare, saprà bene che non si possono guardare solo le cifre. Certo, come PIL nominale l’Italia è anche più forte della Turchia. Ma la Turchia ha una coesione morale, una vitalità popolare, un entusiasmo che mancano all’Italia, un paese declinante sotto molti punti di vista. Ecco perché ci servirebbe un’alternativa all’UE, se non vogliamo più restarvi o se dovesse crollare nostro malgrado. Dove trovarla? Forse proprio in un asse mediterraneo con la Turchia, per gestire ed arrangiare congiuntamente il nuovo volto del nostro mare?

Non è necessario uscire dall’Europa ma mettere in discussione questo tipo d’Europa, puntando senza compromessi a garantire i nostri interessi nazionali specie nell’area mediterranea. Non possiamo diventare un lander sgangherato della Germania, o un “territorio d’Oltremare” francese. Ci manca purtroppo una classe politica capace di decisioni forti.

venerdì 13 gennaio 2012

Il governo come una loggia massonica segreta

Il governo come una loggia massonica segreta

Non pensavo che i massoni al governo dell'Italia potessero imporre la segretezza alle riunioni del Consiglio dei Ministri. Pensavo che le riunioni del Consiglio dei Ministri in una democrazia fossero pubbliche e gli atti immediatamente comunicati alla cittadinanza. Ma oggi il governo Monti è stato riunito per oltre tre ora e viene negato financo l'elenco delle cose delle quali ha discusso. Si tratta di provvedimenti scottanti e fuori leggi come la privatizzazione dell'acqua, l'art.18 ed altre scelleratezze contro la parte meno protetta della popolazione italiana? Sapremo dopo quando farà comodo al signor Monti che indubbiamente sente il dovere di informare innanzitutto la Germania e gli USA di cui si sente investito della carica di gouverneur der Italia

la democrazia è morta

Tramonto rapido della democrazia

la democrazia è roba per ricconi. Fino a quando conviene alle classi dominanti e fino a quando gli interessi di queste sono compatibili con la libertà il sistema democratico viene tollerato. Quando la democrazia garantisce più le classi subalterne che quelle dominanti viene subito messa in crisi dal suo stesso interno attraverso leggi elettorali che ne alterano p...rofondamente la sostanza e che producono maggioranze fasulle e parlamenti di nominati. Se questo non basta si ricorre alla decretazione d'urgenza ed al voto di fiducia in Parlamento per impedire a questo un minimo di voce in capitolo sulle scelte del governo. Quando questo non basta ancora si manovrano gli organismi internazionali ed attraverso questi si sottrae ogni possibilità di controllo sugli atti del governo attinenti a direttive del club euroatlantico plutocratico. In ogni caso tutte le conquiste di libertà realizzate attraverso le lotte e sanzionate in leggi del Parlamento sono sempre a rischio. all'Italio.Possono essere revocate come sta accadendo con l'art.18 e l'art.8 che stravolge le basi del diritto e fa diventare diritto solo l'interesse dei forti e dei prepotenti.
Ora siamo giunti al punto di un governo di nominati voluto soltanto dalla Germania e dagli USA ed imposto attraverso Napolitano

giovedì 12 gennaio 2012

agiografie televisive di mafiosi

Agiografie televisive di mafiosi
Il mio giudizio sul Capo dei Capi è totalmente negativo. La ritengo una fiction diseducativa che veicola una immagine del capo-mafia simile a quella che Puzo ha concepito per "Il Padrino". Immagino che succederà lo stesso con "L'ultimo padrino" con Michele Placido. Il Capo dei Capi e l'ultimo padrino sono trasmessi dalla rete Mediaset. Ci si immerge nella logica delle lotte all'interno della mafia e contro la magistratura e la figura di Riina appare mossa da ragioni che sembrano tutte logiche possibili e ragionevoli ma che fanno parte di una storia criminale di rara ferocia. L'immagine che il telespettatore ritrae dalla fiction "il Capo dei Capi" può benissimo essere di ammirazione per la sua ascesa sociale sia pure con mezzi criminali e magari di rispetto per uno che in qualche modo è riuscito a vincere il mondo di miseria e di violenza dal quale è originato. Spero che lo stesso non accada con "l'Ultimo Padrino"
http://www.cinevideoblog.it/drammatico/il-capo-dei-capi-su-canale-5-in-sei-puntate.html

mercoledì 11 gennaio 2012

la figlia del Capitano, le liberalizzazioni, l'ingloriosa storia d'Italia

Nel 150 anniversario dell'Unità assistiamo alla perdita dell'apparato industriale italiano che delocalizza all'estero o viene acquisito da capitali esteri o viene inesorabilmente dismesso nonostante le proteste dei neo-stiliti a Milano ed altrove. Ricordiamo che l'Italia di oggi è una nazione senza reale sovranità controllata da 100 basi militari USA e sottoposta all'influenza dello Stato della Chiesa. Con l'euro l'Italia ha anche perso la sovranità sulla moneta ed è nelle mani degli usurai del FMI e delle Banche di WallStreet che imposto e ci controllano con il governo Monti. Dobbiamo prendere coscienza della nostra reale condizione di servaggio non diversa da quella che l'Italia ha subito per secoli e secoli di dominazione straniera. Cominciamo con il ricordare la dominazione spagnola (150 anni 1559-1715) evocata dal Manzoni nei Promessi Sposi
http://www.scuolascacchi.com/storia_moderna/dominazione_spagnola.htm


La figlia del capitano

La fiction in due puntate "La figlia del Capitano"ha avuto il merito di fare conoscere al grande pubblico italiano le allucinanti condizioni dei servi della gleba e delle comunità etniche della Russia al tempo della imperatrice Caterina II. Il personaggio del grande capo rivoluzionario Pugacev è disegnato con efficacia e le ragioni della sua rivolta risultano con verità e chiarezza. Illuminante il colloquio tra Pugacev e la Zarina nella cella del carcere dove al condannato non veniva concessa neppure la possibilità di coricarsi.
Anche il finale di Pugacev che sfugge allo squartamento ( in verità fu squartato da quattro cavalli) per continuare a rappresentare la voglia di libertà dei russi è assai azzeccato. Vedere la "Figlia del Capitano" tratto dal grande romanzo di Puskin fa comprendere bene le ragioni della Rivoluzione di Ottobre, ragioni nutrite da secoli di sofferenza c he raggiungono l'acme durante la prima guerra mondiale.
La fiction seppure cede qualcosa al romanzo d'amore è fatta con delicatezza e grande rispetto per la cultura dei contadini e dei nomadi cosacchi. La durezza di cuore, la ferocia della nobiltà e dei suoi ufficiali è rappresentata con realismo nonostante il giovane protagonista sembra accettare le ragioni della rivolta pur nella sua fedeltà allo zarismo.



Le liberalizzazioni
la liberalizzazione dei taxisti equivale per questa categoria alla abolizione dell'art.18 per i lavoratori dipendenti. E' una autentica vigliaccata, un colpo di coda per attivare un processo di concentrazione oligopolistica e trasformare i taxisti in dipendenti usa e getta di grandi società come accade a new York. Evidentemente qualcuno si propone di investire nel settore come Montezemolo ha inve...stito nelle ferrovie. I consumatori non ne ricaveranno alcuna utilità. Lo stesso dicasi per gli edicolanti alcuni dei quali gestiscono minuscole baracchette. Grave è invece la mancanza di concorrenza tra i farmacisti che gestiscono vere e proprie aziende miliardarie con utili che arrivano al 40 per cento del fatturato. Anche l'industria farmaceutica opera in regime privilegiato ed impone prezzi maggiorati rispetto a quelli che si praticano in Francia o in Spagna